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49° Historikertag

11 novembre 2012 No Comment

Report dal 49° Deutscher Historikertag (Congresso  degli storici tedeschi)   Magonza, 25–28 settembre 2012

Il quarantanovesimo Congresso degli storici tedeschi, che si è tenuto presso l’Università Johannes Gutenberg di Magonza, ha visto riuniti circa 500 esperti della disciplina confermandosi, ancora una volta, come il più grande congresso di scienze umanistiche in Europa. Le tre giornate, scandite dal susseguirsi di panel, forum, dibattiti e celebrazioni, erano accomunate dal motto “Ressourcen und Konflikte” (Risorse e conflitti).

Nel discorso introduttivo Werner Plumpe, presidente del Verband der Historiker und Historikerinnen Deutschlands E.V., l’Associazione delle storiche e degli storici tedeschi, ha sottolineato come in un mondo che cambia velocemente e che sembra perdere di vista i suoi vecchi punti di riferimento la storiografia e gli storici tedeschi cerchino di descrivere e di comprendere questo “nuovo mondo” che emerge [1]. Un’idea che quindi è in forte contrasto con la cosiddetta “fine della storia”[2] che avrebbe dovuto seguire la fine della Guerra Fredda.

In effetti il tema risorse è stato più volte affrontato in numerosi panel. In particolare si è cercato di analizzare il nuovo modo di fare ricerca storiografica, divisa tra una forte digitalizzazione ed un “vecchio amore” per le fonti d’archivio. Interressanti a tal proposito sono stati i panel “Zeitgeschichte ohne Ressourcen? Probleme der Nutzung audiovisueller Quellen” (Storia della contemporaneità senza risorse? Problemi circa l’uso di fonti audiovisive) e “Wo bleibt der ‘Geschmack des Archivs’? Historische Forschung im digitalen Zeitalter” (Dov’è finito il “gusto per gli archivi?” Ricerca storiografica nell’era digitale).

Tuttavia le fonti che vengono prese in considerazione dalla storiografia non sono solamente e necessariamente cartacee ma possono essere anche “vive”, come illustrato del panel “Ressource Menschen: Sichtbarkeit und Unsichtbarkeit der Netzwerke des europäischen Menschenhandels in der Frühen Neuezeit“ (L’uomo come risorsa: visibilità ed invisibilità delle reti della tratta degli schiavi europea nella prima età moderna), o “fluide” come l’acqua, nel caso del panel “Das Wasser: Ressource zwischen Alltagsbedarf, Ingenieurkunst und Repräsentation. Eine Konversation zwischen Antike und Neuzeit” (L’acqua: risorsa tra uso quotidiano, arte ingegneristica e rappresentazione. Una conversazione tra Antico e Moderno).

Altrettanto battuto è stato il tema dell’internazionalizzazione della ricerca ed il conseguente ruolo del sistema universitario tedesco che dovrebbe aiutare la storiografia tedesca ad essere sempre più globale e competitiva. In questo caso, tuttavia, si deve registrare un contrasto interno alla storiografia tedesca che, da un lato, guardando al modello americano, si chiede perché la Germania non sia così allettante per i giovani studiosi e, dall’altro, al proprio interno, soffre di tensioni e problematiche che sembrano rendere il modello universitario tedesco non attraente non solo per gli studiosi stranieri ma anche per quelli tedeschi. Bisogna però precisare che parlando di “internazionalizzazione”, in Germania a volte si tenda a guardare esclusivamente a paesi come Inghilterra, Francia e Stati Uniti ignorando, con le dovute eccezioni, quanto avviene nel resto del mondo. Paradossalmente, però, proprio in quei paesi nei quali la Storia non gode di una grande tradizione o credibilità sarebbe in realtà possibile individuare quegli studiosi che aiuterebbero l’università tedesca ad essere più globale ed internazionale.

La questione porta alla luce diverse tematiche su cui sembra difficile trovare un accordo. Una di queste riguarda l’uso dell’inglese. Da una parte si è ricordato spesso, come ha fatto ad esempio Hartmut Berghoff[3] durante il panel “Internationale Wissenschaft – Nationale Laufbahnstrukturen? Post-Doktoranden und Post-Doktorandinnen in der Geschichtswissenschaft” (Scienza internazionale – Strutture per una carriera nazionale? Dottorande/i e post-dottorande/i nella storiografia), che in molte discipline la comunicazione scientifica avviene quasi esclusivamente in lingua inglese[4], dall’altra si è però risposto a tale problema  che non è possibile “snaturare” la storiografia tedesca privandola della “propria” lingua. La questione sembra al momento lontana dall’essere risolta, tuttavia in Germania se ne continuerà a discutere e, qualche volta, se ne parlerà anche in lingua inglese.

Da segnalare, tra i molti e interessanti, il panel dedicato al progetto che prevede la scrittura di una storia dell’Associazione Tedesca degli Storici (Deutscher Historikerverband). Durante il panel, dal titolo “Die Organisierte Disziplin als Forschungsproblem. Perspektive auf eine Geschichte des Historikerverbandes” (La disciplina organizzata come problema per la ricerca. Prospettive su una storia dell’Associazione degli storici), sono stati inizialmente presentati sia gli obiettivi che si intendono raggiungere – ad es. ottenere una maggiore “compattezza” della materia e la scrittura di una storia dell’associazione – quanto i servizi che si intendono offrire – ad es. una maggiore apertura verso un pubblico che non sia di soli storici di professione.  Successivamente si è delineata una storia del  Deutscher Historikerverband, che partendo dalla nascita dell’organizzazione nella prima metà del Novecento,  ovvero “in ritardo” rispetto al mondo anglosassone, e passando attraverso le diverse fasi della storia tedesca del Ventesimo secolo arriva al momento dell’unificazione nazionale nel 1990. Momenti significativi di questa storia sono stati l’Historikertag del 1970, che venne realizzato nonostante l’ostilità di alcuni gruppi studenteschi e in un clima di forte tensioni sociali, e quello del 1990 che vide per la prima volta gli storici delle due “Germanie” riuniti.

In ultima analisi, nonostante la simultaneità degli eventi, che rende impossibile seguire più di due panel al giorno, e nonostante una supposta “Verlangweiligung[5] (“annoiamento”) dell’Historikertag che, secondo alcuni storici, sembra aver perso di vista i temi veramente caldi sui quali la scienza storica dovrebbe discutere, l’Historikertag continua a rappresentare un punto di riferimento in Germania, e non solo, per tutti gli storici, “aspiranti” e “di mestiere”.

Pasquale De Caprio, decaprip@hu-berlin.de



[1] Cfr. Programmheft zum 49. Deutschen Historikertag 2012  consultabile online al sito: http://www.historikertag.de/Mainz2012/de/programm.html
[2] Cfr. il saggio di Francis Fukuyama The End of History? in The National Interest, 1989 o dello stesso autore il libro The End of History and the Last Man, New York 1992 (La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, Rizzoli, 1992).
[3] Direttore del DHI (Deutsches Historisches Institut) di Washington.
[4] Berghoff ha fatto anche notare come durante il 49.Historikertag vi fosse un solo panel in lingua inglese mentre tutto il resto fosse rigorosamente in tedesco.
[5] Il neologismo è stato adoperato durante una discussione seguita al panel “Die Organisierte Disziplin als Forschungsproblem. Perspektive auf eine Geschichte des Historikerverbandes”.

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