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L’immagine della „nuova donna“ nella SED e nel PCI 1944-1950

17 novembre 2014 No Comment

Si pubblica di seguito la presentazione in italiano dell’articolo di Monica Fioravanzo, «Die “neue Frau”. Frauenbilder der Sozialistischen Einheitspartei Deutschlands (SED) und der Partito Comunista Italiano (PCI) 1944-1950 im Spiegel von Frauenzeitschriften», in: “Deutschland Archiv online”, 30.09.2013, http://www.bpb.de/geschichte/zeitgeschichte/deutschlandarchiv/169913/die-neue-frau-frauenbilder-der-sed-und-pci

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Nell’ambito di un progetto di ricerca, («Wandel und Kontinuität des Frauenbilds anhand kommunistischen Frauen-Zeitschriften vom 1949 bis zu den 80 Jahren, diesseits und jenseits des eisernem Vorhangs. Der Fall Italien und DDR»), intrapreso grazie ad un finanziamento DAAD, questo primo studio sulla costruzione dell’immagine della donna nella stampa politica femminile di sinistra in Europa – pubblicato su “Deutschland Archiv online”, cui il link rinvia – muove da due casi rappresentativi della differente realtà politica e sociale in cui i partiti comunisti si trovarono ad operare: vale a dire, dall’analisi comparata delle riviste pubblicate nella Repubblica democratica tedesca e in Italia fra il 1949 e la fine degli anni Ottanta dal Demokratischer Frauenbund Deutschlands (DFD) e dall’Unione Donne Italiane (UDI), organizzazioni femminili rispettivamente legate alla SED e al PCI.

L’obiettivo è quello di comprendere come, in contesti politici e sociali tanto differenti, e contrapposti dalle politiche anche culturali della guerra fredda, si definissero nelle riviste un’immagine e quindi una concezione della donna al crocevia fra istanze specificamente ‘di genere’ e obiettivi politici propri invece del PCI e della SED: partiti comunisti le cui strategie comunicative erano necessariamente influenzate dalla cornice giuridica, storica ed economica in cui operavano e dal loro rispettivo ruolo nel contesto nazionale. Mentre la SED aveva il monopolio politico e il pieno controllo statale in un regime a partito unico, il PCI era all’opposizione in uno Stato a regime pluralistico e multipartitico.

L’ideologia comunista prospettava un profondo rinnovamento della condizione politica, sociale, economica e giuridica della donna. In entrambi i paesi era dunque fondamentale rivolgere una particolare attenzione alla figura della donna, la cui collocazione politica e sociale risultava profondamente mutata e anzi rivoluzionata dopo la fine della guerra. Non soltanto la presenza femminile era numericamente superiore – in Germania, in particolare – a quella maschile, a seguito delle enormi perdite della guerra, facendone quindi un soggetto non emarginabile, sul piano politico e lavorativo. Ma soprattutto si usciva dall’esperienza, comune ai due paesi, di un regime totalitario di destra che aveva sì coinvolto e mobilitato la donna attraverso l’educazione e la propaganda, pur assegnandole un ruolo subalterno rispetto a quello maschile, e nella sostanza tradizionale, incentrato sulla funzione materna e familiare della donna.

Il confronto fra il caso italiano e quello tedesco orientale – condotto, per la DDR, su “Die Frau von heute” (1946-1962) e “Für dich” (1962-1991); per l’Italia, su “Noi donne” (1944-), organo dell’UDI, oltre che presso il Bundesarchiv Lichterfelde (SAPMO, Ministerium für Kultur, Verlage und Buchhandel; Presseamt beim Vorsitzenden des Ministerrats der DDR; Zentralkomitee der SED, Abteilung Frauen; Frauenkommission im Politbüro; Demokratischer Frauenbund Deutschland) e presso l’Archivio Nazionale dell’UDI e dell’Istituto Gramsci – consente di cogliere differenze di linguaggio e di comunicazione, nonché elementi comuni e divergenti nell’immagine della donna che veniva proposta, anche rispetto al contesto internazionale e alle scelte politico-economiche. Nel complesso, si coglie un processo non lineare, ma chiaro di graduale subordinazione della stampa e dello stesso movimento femminile alle istanze del partito, e di conseguenza l’affermarsi di un rapporto fra rivista e lettrice fondato su una funzione ‘didascalica’ e assai meno paritetica rispetto agli esordi, incentrata sui valori proposti dal partito e dallo Stato. Questo processo, che in una prima fase (1946-1950) ha interessato entrambe le riviste e le organizzazioni femminili, complici le tensioni della guerra fredda, negli anni successivi ha conosciuto un iter differente in Italia e nella DDR, conducendo ad una profonda divaricazione sia nei contenuti e negli interessi delle riviste sia nel rapporto fra redazione, organizzazione femminile e partito nei due paesi presi in esame.

Monica Fioravanzo

Università di Padova

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