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Fischer-Kontroverse 50 anni dopo

18 giugno 2013 No Comment

The Fischer Controversy after 50 Years, a cura di Annika Mombauer, «Journal of Contemporary History», 48, 2, 2013

 

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“Nell’autunno del 1961 fu pubblicato un libro che avrebbe aperto uno dei più accesi dibattiti storiografici del ventesimo secolo”, scrive A. Mombauer nel saggio introduttivo all’ultimo numero del «Journal of Contemporary History» (2/2013). Al libro-evento di Fritz Fischer “Attacco al potere mondiale” (“Griff nach der Weltmacht”, Droste, Düsseldorf, 1961), è stato dedicato nel 2011 un convegno in occasione del cinquantennale della pubblicazione, di cui qui si pubblicano gli atti. Nel suo studio, basato su fonti all’epoca ancora sconosciute, Fischer attribuiva alla Germania la maggiore responsabilità  per lo scoppio della prima guerra mondiale, che l’Impero guglielmino aveva scatenato per raggiungere i propri obiettivi imperialisti. La tesi di Fischer ebbe un effetto dirompente sul panorama storiografico tedesco di allora, ma non rimase confinata alle riviste specializzate innescando anche un grosso dibattito sui media. A sostenere le idee di Fischer di fronte all’opinione pubblica fortemente ostile allo storico fu soprattutto il settimanale «Die Zeit». Come sottolinea il saggio di H. Pogge von Strandmann la Fischer-Kontroverse, che raggiunse l’apice nel 1964, ebbe luogo in un periodo di grossa crisi internazionale e nazionale, cadendo nel periodo della costruzione del muro di Berlino, del processo contro Eichmann in Israele e del primo processo contro il personale di Auschwitz, tenutosi a Francoforte nel 1963-65. Il libro metteva in discussione la rassicurante idea che le maggiori potenze europee fossero “scivolate” nella guerra e poneva una forte ipoteca su una parte del passato nazionale tedesco, considerata ancora in una luce moderatamente positiva a fronte dell’evidenza delle colpe per lo scatenamento e la deriva genocidiale della seconda guerra mondiale. Fischer sottolineava infatti che tra il 1914 e il 1939 le differenze erano ben poche.

I saggi pubblicati dalla rivista analizzano la controversia sulle tesi di Fischer in un contesto internazionale mettendo a paragone la sua ricezione in diversi paesi (RFT, RDT, Austria, URSS, Francia, Gran Bretagna). Un interessante saggio di Stephan Petzold, che espone i risultati della sua tesi di dottorato recentemente completata, analizza la biografia intellettuale di Fischer e i motivi che portarono lo storico a distanziarsi dal mainstream storiografico della sua epoca, la storiografia nazional-conservatrice allora dominante nelle accademie tedesche. Fischer, sottolinea Petzold, negli anni del Terzo Reich aveva aderito all’ideologia nazionalsocialista poiché vedeva in essa la possibilità di allontanarsi dall’impostazione degli storici “nazional-conservatori borghesi” che dominava la storiografia degli anni ’30. Lo storico prese le distanze dal regime nel 1943 eppure Petzold evidenzia una continuitá tra la sua opposizione all´establishment negli anni del Terzo Reich e quella successiva al 1945, che lo spinse in direzione del tutto diversa, verso l’impostazione liberale di cui poi si fece portatrice la scuola di Amburgo a lui ispirata.

Cinquanta anni dopo le tesi di Fischer sono divenute per certi versi senso comune storiografico eppure, sottolinea la curatrice A. Mombauer, il trascorrere del tempo e lo scemare dell’importanza della questione della colpa per lo scatenamento della guerra spingono oggi gli storici a ricercare le cause della crisi di luglio più nell’interazione di diversi paesi che nelle scelte della sola Germania. “50 anni dopo la prima incursione di Fischer nel terreno accidentato della responsabilità per la guerra, non è più possibile scrivere la storia della crisi di luglio, o degli anni precedenti, senza dare la dovuta considerazione alle azioni e ai motivi di tutte le grandi potenze” (p. 238).

 

Paolo Fonzi

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