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Resoconto sesto Convegno annuale SISCALT 2017

14 gennaio 2018 No Comment

RESOCONTO

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CONVEGNO  INTERNAZIONALE  SISCALT  2017

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Appartenenze e identità tedesche

Cultura, politica e territorio in ambito germanofono

in età contemporanea

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9-11 novembre 2017

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Sala “Giovanni Arrighi” 

Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali

Università della Calabria

Arcavacata di Rende (CS)

VIDEO DEGLI INTERVENTI

 

”Appartenenze e identità tedesche – Cultura, politica e territorio in ambito germanofono in età contemporanea” è il titolo del sesto Convegno internazionale SISCALT svoltosi nei giorni 9-11 novembre 2017 presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (DiSPeS) dell’Università della Calabria  ad Arcavacata di Rende (CS). L’evento ha visto il patrocinio anche dell’I.C.S.A.I.C. (Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) e del Laboratorio di Ricerche storiche, politiche e filosofiche del DiSPeS.

Il convegno è stato aperto dai saluti istituzionali di Pietro Fantozzi (DiSPeS – UniCAL), a nome del Magnifico Rettore UniCAL Gino Mirocle Crisci e del direttore del DiSPeS, e dai saluti di benvenuto di Brunello Mantelli (DiSPeS – UniCAL), in qualità di Coordinatore del Comitato Scientifico, e del Presidente della SISCALT Andrea D’Onofrio (Università di Napoli Federico II).

La I sezione, dal titolo “Contrappunti: Germanesimi immaginati, isole germanofone“, è stata moderata da Anna Jellamo (DiSPeS – UniCAL) che ha brevemente introdotto i primi due interventi del convegno. Molto interessante e stimolante è stata la relazione La parabola del teutonismo in Gran Bretagna. Da John Pinkerton a Houston Stewart Chamberlain di Vittorio Beonio Brocchieri (DiSPeS – UniCAL). Il relatore, guardando al panorama britannico tra XVI e XX secolo, ha presentato un caso emblematico di ”germanesimi immaginati”. È stato infatti analizzato il processo di espulsione della parentesi gotica e romana dalla memoria storica britannica a vantaggio dell’assunzione di una presunta appartenenza germanico-anglosassone. Inoltre è stato introdotto un confronto fra le varie interpretazioni del germanesimo britannico, da Pinkerton, Knox e Carlisle fino a Chamberlain.

Rolf Wörsdörfer (Technische Universität Darmstadt) nella relazione Identità germaniche al confine orientale: il caso della Gottschee/Kocevje ha presentato il caso poco noto dei germanofoni di Kocevje presenti in territorio sloveno fra XVI e XX secolo. L’intervento è stato supportato da materiale sia cartografico che iconografico. Ricostruendo la storia della comunità germanofona di Kocevje, dalle origini fino ai giorni nostri, l’accento è stato posto soprattutto sul legame creatosi fra la Germania nazista e l’isola germanofona, che ha prodotto un radicale senso di appartenenza ad una presunta Heimat non privo, però, di conflitti e difficoltà. Sono state messe in risalto le migrazioni forzate, che hanno avuto luogo in seguito all’occupazione nazifascista della Jugoslavia, di questa comunità germanofona dal territorio d’origine verso il “triangolo di Rann”.

A conclusione di questa prima sessione di lavori è stato Marco Rovinello (UniCAL – DiSPeS) a inaugurare la discussione che ha prodotto, attraverso un attivo coinvolgimento della platea, una rosa di domande alcune delle quali inerenti sia i criteri di inclusione/esclusione all’interno del processo di creazione delle identità nazionali, sia l’eventuale componente antisemita presente nel teutonismo britannico.

Nella giornata del 10 novembre si è tenuta la II sezione del convegno: “Variazioni: Svizzera, Austria“, moderata da Andrea D’Onofrio. Dopo una breve introduzione del moderatore, la parola è passata a Georg Kreis (Universität Basel), che con una relazione intitolata The Task to be a Model for the World. The international dimension of Swiss identity as a small state, ha analizzato il processo di costruzione dell’identità svizzera sia all’interno delle tre principali comunità linguistiche che in riferimento al contesto internazionale. A cavallo fra il XIX e il XX secolo, determinante è stato l’avvicinamento della Svizzera germanofona alla Germania, quest’ultima presa a modello sul piano economico. Solo fra le due guerre mondiali e dopo il 1945 la Svizzera comincerà progressivamente a intraprendere un processo di maggiore separazione identitaria rispetto agli Stati confinanti linguisticamente affini, specialmente a quello tedesco.

L’impero asburgico, fondamentale anche nella prima fase di costruzione dell’identità svizzera, è stato successivamente analizzato nella relazione Austria, Austria, il sol mirando, viva il nostro imperator… Declinazioni del Finis Austriae di Maddalena Guiotto (Museo Storico del Trentino). In essa è stata sottolineata l’importanza sia del concetto identitario, filo rosso tematico del convegno, sia del progressivo declino dell’Impero Asburgico all’alba e durante gli eventi del primo conflitto mondiale. Il tema identitario è stato affrontato attraverso l’analisi del ruolo svolto dal dualismo austro-ungarico all’inizio del ‘900 fino alla scomparsa dell’Impero dopo la prima guerra mondiale.

Alla dettagliata relazione di Guiotto ha fatto seguito l’intervento di Giovanni Schininà (Università di Catania) intitolato Costruzioni identitarie nell’Austria repubblicana. È stato analizzato il movimento austriaco di matrice großdeutsch degli anni Trenta sulla scia del nazionalsocialismo, anche se, tuttavia, è stato sottolineato un atteggiamento austriaco come besseres Deutschland in virtù di un patriottismo ottocentesco. Sono stati poi messi in evidenza i fattori sociali, economici e politici nonché sportivi, che hanno condotto progressivamente alla creazione di un’identità esclusiva austriaca nel corso del XX secolo.

A conclusione della II sezione, Siegfried Weichlein (Université de Fribourg) ha presentato una relazione in lingua inglese su Federalismo e identità territoriale nel Kaiserreich. Dando preventivamente dei chiarimenti terminologici riguardanti il concetto di identità, l’attenzione è stata posta sullo stretto collegamento, nell’ambito delle questioni identitarie, fra formula federale e conflitti di varia natura. Il federalismo è stato in primo luogo interpretato come strumento di soluzione di problemi e di tensioni e, in secondo luogo, come formula statale inventata, ossia creata  per rendere possibile la conservazione delle singole identità regionali all’interno di una nazione. A sostegno di tale tesi è stato scelto il momento storico della Reichsgründung del 1870/71 e si è utilizzata come chiave interpretativa della scelta federale la categoria di Hobsbawm-Ranger dell'”invenzione della tradizione”.

A conclusione di questa sezione la parola è passata a Carlo Spagnolo (Università di Bari Aldo Moro) in qualità di commentatore. Egli ha sollevato alcune domande importanti fornendo un input alla successiva discussione, che ha preso inizio dall’interrogativo se il federalismo tedesco adottato da Bismarck potesse essere considerato o no come strumento per il superamento della lotta di classe. Si è discusso inoltre se sarebbe stato possibile applicare il modello federale tedesco all’Italia postunitaria.

Nel pomeriggio si è tenuta la Tavola Rotonda: “Sinfonie: il costituirsi delle identità collettive nell’Europa contemporanea“, moderata da Filippo Focardi (Università di Padova). Dopo una presentazione dei partecipanti da parte del moderatore, hanno preso la parola: Vittorio Beonio Brocchieri (DiSPeS-UniCAL), Stefano Cavazza (Università di Bologna Alma Mater Studiorum), Antonello Costabile (DiSPeS-UniCAL), Brunello Mantelli (DiSPeS-UniCAL) e Marzia Ponso (Università di Torino).

L’intervento di Brocchieri si è sviluppato attraverso una duplice prospettiva: la prima rivolta a un’analisi dei rapporti fra storiografia e identità nazionali, l’altra riguardante una comparazione fra l’unità nazionale tedesca e quella italiana sullo sfondo di una distinzione terminologica fra gefundene  ed erfundene Identitäten. Il concetto d’appartenenza identitaria è stato ripreso da Cavazza e declinato all’interno della odierna “crisi della democrazia”. Il relatore ha sottolineato il forte legame venutosi a creare fra neonazionalismo e neopopulismo all’interno di movimenti di carattere nazionalista o separatista come la Lega Nord in Italia, i movimenti autonomisti in Catalogna o nei Paesi Baschi, così come il Front National in Francia e la AfD in Germania. La parola è passata quindi a Costabile, che ha sostenuto la concreta esigenza attuale di rafforzare un’identità territoriale dinanzi al pericolo di un concreto sgretolamento delle identità nazionali. Al fine di preservare un’identità territoriale in Italia, sarebbe necessario, secondo Costabile, analizzare il modo in cui alcune parti dell’Italia si rapportano all’Unità nazionale. Il mantenimento di un’identità nazionale italiana potrà essere raggiunto, a parere del relatore, solo attraverso il definitivo superamento dell’ostacolo rappresentato dalla corruzione politico-amministrativa. Mantelli, a sua volta, ha arricchito la discussione attraverso un intervento in cui ha posto due importanti interrogativi: la capacità degli Stati unitari di ottimizzare la distribuzione delle ricchezze e delle risorse naturali rispetto agli stati federali; il secondo, invece, inerente una possibile eccezione della Germania in qualità di Stato federale e in virtù dello sfruttamento delle proprie risorse all’interno del panorama generale delineato in precedenza. Ha concluso la Tavola Rotonda Marzia Ponso, che ha posto l’accento sulla rivalutazione del concetto di Sonderweg tedesco, inteso non più come deviazione ma come peculiarità positiva. A sostegno di questa tesi, la relatrice ha citato elementi politico-economici che hanno portato alla creazione di un eccellente equilibrio fra prestazioni statali, servizio ai cittadini e contributi sociali. La relatrice si è posta poi l’interrogativo se attualmente la Germania si trovi di fronte a una progressiva erosione della propria identità nazionale. Tale aspetto emergerebbe principalmente guardando alla crisi dei profughi e dello slogan di una presunta Überfremdung della Germania che avrebbe permesso ai movimenti di destra e a quelli neonazionalisti di guadagnare forza. Elementi principali di critica da parte di questi movimenti sarebbero il modello di Welfare State tedesco e il concetto stesso di Vergangenheitsbewältigung, quest’ultimo percepito come “mito” legato all’Olocausto che finirebbe, secondo alcuni di loro, per “sterminare i tedeschi” (Sarazin, Sieferle).

Dopo la Tavola Rotonda si è svolta la consegna del Premio SISCALT “Lorenzo Riberi 2017″, assegnato quest’anno a Francesco Tacchi, per il suo saggio «Kann ein Katholik Sozialdemokrat sein?». Teoria e pratica di un’incompatibilità in Germania alla luce del caso magontino (1890-1920), in «Studi Storici» (2016).

La giornata si è conclusa con l’Assemblea sociale SISCALT 2017, alla quale ha fatto seguito la cena sociale.

La III sezione del convegno, intitolata: “Basso continuo? La Germania“, è stata moderata, sabato 11 novembre, da Carolina Castellano (Università di Napoli Federico II). Dopo una breve introduzione alla tematica, la parola è passata a Carlo Spagnolo, che nella sua relazione Milieu e appartenenze. Il caso del Kulturkampf ha sottolineato come il concetto di Kulturkampf, legato alla politica bismarckiana di sottomissione della Chiesa cattolica tedesca al controllo dello Stato, si presti a molteplici interpretazioni e a numerosi confronti. È emersa la tesi secondo cui il Kulturkampf  abbia gettato le basi di un compromesso fra una cultura più conservatrice, maggiormente legata all’istituzione monarchica, e una cultura liberale. È proprio il compromesso, dunque, a rappresentare un filo rosso all’interno della storia del costituzionalismo tedesco, storia che Spagnolo ha ripercorso prima e dopo l’ascesa al potere di Bismarck, sino alla fine del contrasto fra lo stato tedesco e la Chiesa cattolica, fra gli stati all’interno dell’impero federale, in particolar modo quelli cattolici meridionali, ed infine fra il cattolicesimo tedesco e la Chiesa di Roma.

Successivamente Andrea Di Michele (Libera Università di Bolzano) ha declinato il concetto  di appartenenza nei termini di identità territoriale sudtirolese, con la relazione Identità contrapposte in una regione di confine: il caso dell’Alto Adige/Südtirol. Sul piano dell’appartenenza territoriale il Südtirol si è caratterizzato nel corso della storia per la compresenza di comunità linguistiche differenti e inoltre in età asburgica da una forte identità cattolica e conservatrice che differiva, sotto molti punti di vista, da Vienna caratterizzata da una forte presenza socialista ed ebraica. È stata ripercorsa in particolare la storia della netta divisione fra la popolazione sudtirolese italofona e quella germanofona durante le due dittature, che ha prodotto un traumatico ribaltamento gerarchico fra i due gruppi linguistici, sino ad arrivare alla fine della seconda guerra mondiale quando la comunità sudtirolese si proclamerà vittima delle due esperienze totalitarie fascista e nazista. Sarà solo nel 1972, con l’approvazione del secondo statuto di autonomia, che il Südtirol si libererà da quel vittimismo che lo aveva precedentemente caratterizzato, per affermare un proprio modello identitario che lo avrebbe portato a distinguersi fortemente e definitivamente dall’Austria.

Infine Marzia Ponso (Università di Torino) ha riportato l’attenzione sulla Germania con la relazione Appartenere alla parte “sbagliata” della storia: memoria e identità tedesca orientale. La memoria storica della DDR, ha sottolineato la relatrice, all’interno di quella collettiva tedesca è “nata” solo negli anni ’90, ossia solo dopo la sua scomparsa. Al problema della ricostruzione nazionale si è affiancato quello di una memoria divisa, aspetto che ha trovato largo spazio non solo nelle battute conclusive della relazione ma anche nella discussione finale. La relazione, strutturata in modo tale da permettere sempre un confronto fra “Vergangenheitsbewältigung” e “Vergangenheitsaufarbeitung”, ha visto anche un’attenta analisi della storia sociale tedesca con riferimento anche alle modalità con le quali i cittadini della ex DDR, rispetto agli abitanti della BRD, hanno giudicato, dopo la riunificazione, il regime comunista tedesco, considerato spesso come garante di sicurezza sociale e di piena occupazione.

Al termine della relazione Brunello Mantelli ha moderato la discussione in cui è emerso il bisogno di guardare alla DDR non più come “Stasi-Staat”, ma dal punto di vista della “Alltagsgeschichte” con riferimento anche alla Commissione presieduta da Martin Sabrow del ’95.

Il Presidente della SISCALT ha chiuso i lavori del convegno ringraziando tutti i partecipanti, i relatori e lo staff organizzativo dell’UniCAL e Brunello Mantelli ha annunciato che le relazioni del Convegno saranno pubblicate su un numero speciale monografico della rivista «Giornale di Storia Contemporanea».

In conclusione è possibile sottolineare come il convegno sia riuscito nel suo intento di rappresentare un’occasione particolarmente proficua e stimolante di riflettere e discutere, da differenti prospettive, su importanti aspetti della questione identitaria in ambito germanofono nell’età contemporanea, attraverso le sue diverse declinazioni e anche in chiave comparativa e interdisciplinare.

 

Sarah Lias Ceide – Manuela Pacillo

(Università degli Studi di Napoli Federico II)

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